29 gennaio 2013

Sono grata - racconto di una i.u.i.

Sono sempre qui a parlare di PMA. Che palle direte voi. Un pò lo dico anch'io. Sono stata anche a una bella mostra, ho mangiato folpetti e bevuto un mezzo spritz (sto facendo la brava), abbiamo ufficialmente inaugurato il periodo delle "storielle inventate" (tipo tu sei il cavallo e io sono l'elefante e chiamiamo il camion dei pompieri che c'è un incendio nella casa del dinosauro), ho avuto i miei in visita per un week end lungo (lunghissimo) e c'è in ballo un progettino di lavoro che potrebbe rivelarsi interessante ma non è che ne sia così convinta.

Eppure sono sempre qui a parlare di PMA.  In effetti mi sono vista poco con le mie amiche, fotografo un pochino meno, leggo un pò meno (a parte il libro di Raffaella che però guarda caso è sempre sull'argomento), mi concentro poco su altro. E aver fatto la I.U.I. - tecnica di inseminazione veramente blanda, proprio da pivelli- che dà risultati positivi al 10% non è che aiuti a pensare a molto altro.

10%.


Più che altro non faccio/facciamo altro. Per una settimana sono andata alla clinica, che ovviamente non è proprio nei paraggi, un giorno sì e l'altro pure, eco-prelievi-punture-eco-prelievi, avendo un lavoro dove non sai più cosa inventarti (dire la verità è purtroppo un'opzione da evitare se a casa non voglio restare), e soprattutto il mio nanetto. Da incastrare ma anche da godere.

Domenica mattina ore sei io e il co-protagonista della faccenda - Grande Lui - ci siamo alzati per iniziare il giorno con un'inseminazione. Si esce prima del sole, mano nella mano infreddoliti.
Siamo andati a letto arrabbiati. Per un'altra cosa che non aveva niente a che fare. Una litigata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Potevamo proprio evitarcela.

Apro una piccola parentesi perchè il periodaccio passato e che ogni tanto bussa alla nostra porta ci ha fatto bene. Come coppia.
Ci ha posto grandi domande.
Ho trovato le risposte.
Abbiamo le risposte.
Chiusa parentesi.

Comunque: macchina, viaggio in silenzio, mano nella mano, clinica. Deserta e quasi più fredda di fuori. Ci credo sono le 7.30 di una gelida domenica di gennaio. Quella clinica dove ormai ti riconoscono per nome ma non perchè gli sei simpatica ma perchè hanno più e più volte strisciato il tuo bancomat.
E tu ti senti fortunata perchè è domenica presto e loro sono lì per te.
Gli sei grata perchè sul loro lavoro ci conti. Tu ti sei affidata a loro.

Il marito viene subito prelevato e portato nella saletta del peccato, solo in compagnia di un video anni '80 per cui era meglio l'opzione immaginazione (così dice e io mi sono immaginata porno star cotonate).
E tu (moralista-che-non-vuole-ammettere-di-esserlo) che hai sempre rotto se si guardava un porno adesso lo accompagni e aspetti fuori.
E sei grata che lo faccia.

Dopo si va al bar di paese davanti alla clinica e viviamo la routine di periferia delle 8 di mattina di quella solita mattina gelida di gennaio. Tutt'altro che un mortorio come immaginavo, anzi, antropologicamente molto interessante!
Inganniamo il tempo e c'è quella complicità che ci permette di fare tranquillamente la settimana enigmistica, nonostante tutto. Perchè non è il momento per pensarci. L'importante è che siamo insieme.


Dopo un'ora si torna in clinica ed è il mio turno.
Un secondo ed è fatto.
Nessun dolore. Nulla.
Una botta e via in confronto è l'apoteosi del romanticismo.
"Stia qui 20 minuti sdraiata". "va bene".
Rimani lì al freddo del neon, da sola, immobile in balia dei pensieri.
E mi sono fatta una promessa.




Quindi tutti a casa. Grazie, arrivederci.

Ieri torno per fare l'eco di controllo. Non si capisce nulla. Non si sa se la terapia ormonale abbia funzionato. Quindi prelievo del sangue per capire se si deve ripetere l'inseminazione. "Domani la chiamo e le dico se dovete venire subito". E la tua mente immediatamente comincia a pensare ai possibili incastri. Tetris allo stato puro. Pensi al marito, al suo lavoro e all'idea del subito, al mio lavoro -panico/paura - e poi sempre e soprattutto al piccoletto.

E' una bella fatica. Tutta mentale, le punture sono una cazzata in confronto.

E mentre paghi l'ennesimo conto ti "cade" l'occhio sul foglio prenotazioni visite e chi c'è un'ora dopo di te? Proprio quella tipa. Quella che aspetta il suo secondo figlio (arrivato così, non è che proprio lo volevamo) e a casa ha una bambina meravigliosa di due anni. La bambina più adorabile e bon ton mai vista. Quella che lavora nella moda. Quella con la tata migliore del mondo. Quella che va a farsi il week end a New York quando vuole. Quella sempre vestita con stile.
La cosa peggiore è che questa tipa mi sta molto simpatica.

---

Oggi il caro gino mi ha chiamata dicendomi che non dovevamo andare ma che mi richiama sta sera per parlarmi.
ok.
10%.
Avremo il risultato tra due settimane.


Io sto bene. 
Ho fatto l'amore ieri sera. L'amore quello bello, intenso, goduto e grato. 
Quello che fanno due che sono una squadra.

[grazie amore mio]

25 gennaio 2013

Il libro di una di noi


Ho cominciato a leggerlo emozionata. L'emozione data dal fatto che, oltre che sentirmi molto "dentro" l'argomento, fosse il libro scritto da una quasi amica, da una persona con cui ho già scambiato belle parole, con una persona che un pochino forse conosci già, per alcune piccole grandi cose. Una persona che ti ha già emozionata. E un pezzetto di lei adesso è a casa con me. Perchè questo suo libro è un pezzetto, neanche troppo piccolo, di lei. Del suo viaggio verso il suo splendido bambino. Del suo rapporto con l'altro protagonista, il papà del bambino, il suo compagno in questo viaggio.
E' un libro che intervalla poesia con fredda e spietata realtà, dolore e statistiche, consigli utili e informazioni pratiche e vissute.
E' un libro che ho divorato con ingordigia e che mi sono ripromessa di leggere con più calma.
Non sono brava con le parole, Mamma Piky ci è riuscita molto meglio di me!


Quello che posso fare è prendere spunto. Perchè c'è molto di me e c'è molto di diverso da me.
Ognuna ha la sua storia e ognuna vive a modo suo (e menomale che è così) la ricerca della maternità.
La mia storia e quella di Raffaella sono molto diverse.
Io sono già mamma. Io riesco a vivere tutto con molta più serenità perchè nonostante la ricerca sia molto faticosa ho la mia riserva di energie, la mia carica.
Io non ho il "problema del tempo" o per lo meno non come lo ha vissuto lei. Sento anch'io però il tempo che passa. E' l'attesa impotente. E' il desiderio forte.
Io non prego. Io non ho un rapporto con Dio come ce l'ha lei. Ho sempre creduto di non aver bisogno di un Dio, ho sempre creduto più alle magie che non ai miracoli. Credo sia un qualcosa che manca nella mia vita. Io ho scelto di credere solo nell'uomo, nella scienza e nel destino. Ma questo è tutto un altro enorme e gigantesco discorso.

Ma quelle tra me e Raffaella non sono differenze che allontanano, anzi. La condivisione, il confronto, la comprensione di chi può capire è aria fresca, è necessità, è vita. Perchè le storie sono diverse ma è raccontandocele che troviamo un pò più di forza per viverle.
Almeno così è per me.

E anche se il vissuto è diverso certi sentimenti sono gli stessi. Quello che si prova accomuna quelle che cercano. Ed è qui che non ci sente più sole.
Uso le sue parole perchè lei le ha trovate. Sono parole giuste e vere, sue ma anche mie. Io non ho ancora elaborato bene il tutto, anzi ci sono proprio immersa, sono nel pieno della fase dell'attesa, sto vivendo la "folle giostra". E' la fase della sospensione. Della speranza. Del tenersi a forza con i piedi per terra. Ancora devo fare e ancora dovrò vivere e capire.

(Anch'io l'altro giorno, prima di leggere le tue parole, mi sono toccata la pancia dopo la puntura e le ho detto "fai la brava, passerà"...)

Raffaella è stata brava e lo sa.
"Ho retto di fronte alle delusioni, alle difficoltà, al senso di inadeguatezza e a quello di colpa, a quel misto di vergogna e colpevolezza che solo chi ha problemi d'infertilità conosce. 
[...] Accettarlo è doloroso. [...] Occorre essere stati là, nella terra dell'infertilità, per capire quanto ci si possa sentire fieri, orgogliosi, coraggiosi e, contemporaneamente, infinitamente fragili e persi."

"Fragile e indistruttibile al tempo stesso. Si piange fino a straziarsi per poi rimettersi in piedi e dirsi che in fondo non serve piangere, serve solo crederci.[...] E' il senso di impotenza nei confronti delle cose che non accetti, che vorresti cambiare ma sai che non puoi.[...] è deporre le armi mettersi l'anima in pace e riposare. 
E' accettare che la faccenda non dipende più da noi."

Credo che tutto stia nel fissarsi dei limiti. E ognuno ha e deve avere i suoi. Non esistono limiti giusti o limiti estremi, esistono solo i propri limiti consapevoli. Quelli che ti permetteranno di stare bene, perchè ci hai comunque provato, ma anche quelli che non ti fanno perdere di vista quello che c'è.
E io ho moltissimo. Io e Raffaella siamo mamme. Siamo molto fortunate.

Perchè "ci vuole una miscela in parti uguali di tenacia e fortuna. La tenacia è la virtù delle donne.E' spesso scomoda, ma è la qualità che muove il mondo e spezza gli equilibri. [...] La fortuna invece altro non è che il tocco della buona sorte. La puoi cercare ma resta sempre una parte di ignoto, una parte di destino dove nessuno può niente."


Rinnovo i miei grazie anche qui, Raffaella. Brava. Per tutto.
E per la cronaca questa è sempre stata la mia preferita dello Zecchino d'Oro...








con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma

e mai come oggi la citazione che Paola usa per iniziare il suo post casca a pennello con il libro di cui ho parlato qui.
Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. 
Marcel Proust

23 gennaio 2013

tutto cambia + ricetta

Se guardo indietro sono cambiate davvero tante cose. Sono cambiata.
La base è sempre la stessa ma la sostanza cambia. Non è solo perchè sono diventata mamma, non è solo perchè sono passata da studentessa a lavoratrice, è soprattutto perchè il tempo passa. Io divento più grande ogni giorno, ogni anno che passa. Non nel senso di più vecchia (anche se in realtà è quello), spererei più saggia (ma non ci metto la mano sul fuoco), semplicemente più grande. Faccio e imparo cose che sono da grandi. Per il resto del tempo invece faccio la nanetta di tre anni anch'io per solidarietà con quello che scorrazza per casa.

Ieri mi sono fatta la mia prima primissima puntura da sola. Mi buco la pancia di ormoni per stimolare l'ovulazione in vista della iui e me lo faccio da sola. Io ho il terrore degli aghi. Non un terrore qualsiasi. Gli aghi sono il mio incubo. Io che sudo freddo per un prelievo, guardo sempre dall'altra parte e non sono mai riuscita a vedere Trainspotting.
Non è perchè fa male, so che non fa male, ma mi fa un senso pazzesco. Non mi fa senso nient'altro, adoro i ragni, non ho problemi con nessun insetto di nessun genere, non ho neanche problemi con il sangue in generale. Odio semplicemente gli aghi. Profondamente.
Ieri vado dal medico che doveva farmi lui la prima puntura e poi contavo sul marito per le altre. Arrivo e mi spiega come fare, poi mi guarda e mi fa: prego se la faccia. Sì, ho capito, gli faccio io, adesso vado a casa e... No si faccia qui la prima, su forza che non ho tempo con queste sciocchezze. E io ho fatto. Ho guardato tutto, bucato, iniettato e sono sopravvissuta. Davvero una cazzata. Forse oggi riuscirò anche a farla con un pò meno tremore. Adesso non mi fanno più paura gli aghi. E' ufficiale. Tiè.
Questa è una cosa da grandi.

So cucinare. Non voglio essere presuntuosa, non sono certo la regina dei fornelli, ma riesco a preparare cose buone da mangiare. Per me è una conquista incredibile. Posso dilettarmi in cucina, posso preparare dal nulla involtini di pollo, risotti e sughetti gustosi. Ma la cosa che mi piace cucinare di più sono i dolci. E questi non è che mi vengano proprio sempre sempre...
Il plum cake sì, ma per fare quello non serve essere grandi.
Il cioccolato non mi piace. Non so cosa fare, l'ho provato in tutti i modi ma proprio non mi piace. Da sempre. Direte che fortuna e invece proprio no, mi fa venire sempre voglia ma se provo è nausea sicura. Nemmeno il cacao sul cappuccino. Nemmeno sul tiramisù. Dolci al cioccolato ne faccio qualche volta perchè gli uomini di famiglia ne vanno ghiotti ma devo dire che non mi spreco tanto... Mi è venuta la Sacher al primo colpo una volta. Dicono fosse buona. Sono soddisfazioni. Però non l'ho mai più rifatta. Tanto mi era venuta.
La cucina è fantasiosa per il salato, puoi provare e azzardare ma per i dolci è tutta un'altra cosa. E' precisione allo stato puro e per questo mi diverto di più. Diventa una questione di principio.
Il mio tallone d'Achille è sempre stata la pasta frolla.
No, non sono impazzita, sto scrivendo di pasta frolla. Sì, io. Sono diventata grande e posso anche scrivere di pasta frolla.
Ieri ho fatto una crostata con crema pasticcera e frutti di bosco. Credo fosse la decima volta che ci provavo e fino a ieri non mi era mai venuta come si deve, che in cucina deve voler dire soprattutto buona.
Ieri era un giorno diverso, un giorno da grandi. E nella mia testa mi sono sempre immaginata che da grande sarei stata una che sapeva fare ottime torte.

Altra cosa da grande: ho un'alzatina. Avrei potuto scrivere solo questo per riassumere il post.

Condivido con voi la ricetta a patto che se per caso vi capita di rifarla e viene meglio della mia ve lo teniate per voi.

ingredienti:

per pasta frolla:
250 gr di farina
125 gr di burro freddo (appena tolto dal frigo)
100 gr di zucchero
1 uovo
1 tuorlo

per la crema pasticcera:
1/2 l di latte
4 tuorli
100 gr di zucchero
vaniglia (stecca o aroma)
40 gr di amido di mais
100 ml di panna fresca

per la copertura
450 gr di frutti di bosco surgelati (che vanno benissimo, ne avevo parlato già qui, li trovo comodissimi che vi devo dire?!)
zucchero a velo

Preparazione:
Prima cosa se i frutti di bosco sono congelati vanno tirati fuori e lasciati in uno scolapasta a gocciolare altrimenti inzuppano la torta. Poi si passa subito alla frolla.
Questa è l'unica ricetta di pasta frolla che mi viene senza dovermi arrabbiare, deprimere e buttare all'aria tutto. Setaccio la farina sul piano di lavoro e faccio la fontana (termine molto tecnico infatti il Piccolo Lui non ha capito: a me mamma sembla solo un buco). Metto lo zucchero, l'uovo intero e il tuorlo nel "buco" e ai lati tutti i pezzettini di burro.
Mescolo prima un pochino con le dita uova e zucchero (ecco ricordarsi di togliere gli anelli prima, io non lo faccio mai e guardando la mia fede direste che sono sposata da 100 anni da quanto è rovinata) poi comincio ad impastare tutto bene, max cinque minuti ed è pronto.
A questo punto di solito il livello di disordine raggiunto nella mia micro cucina è pari al caos che nel frattempo mio figlio ha creato in salotto da solo: basta dire TANTO per rendere l'idea.
Lascio l'impasto in frigo almeno mezz'ora. L'impasto che viene fuori è parecchio, va bene per questa crostata e una quindicina di biscotti che prepara il nano mentre io vado avanti con la torta. Così lo tengo "buono". E poi questa ricetta di frolla mi viene e anche se ne venisse fuori un quantitativo per trenta crostate non cambierei una virgola. Ricetta che viene non va cambiata. Altro che tutto cambia.
Passato il tempo di riposo stendere la frolla che serve, mettere sulla carta forno e infornare (ricoperta di carta forno e fagioli secchi) per 15 min a 180 gradi.
Intanto si prepara la crema: mettere a bollire il latte con un cucchiaio di vaniglia (se siete organizzate e l'avete comprata la stecca di vaniglia è meglio) e in una ciotola a parte mescolare 4 tuorli, amido di mais e zucchero con le fruste elettriche, altra cosa da grandi che a me ha cambiato la vita (si fa per dire).
Quando il latte bolle aggiungere il composto di uova zucchero e amido e mescolare bene con una frusta. Mettere in un piatto, coprire con la pellicola trasparente che aderisca bene alla crema e mettere fuori dalla finestra a raffreddare. Sempre che non sia agosto.
Tirare fuori la torta, togliere i fagioli e rimetterla in forno massimo 5 minuti. Ricordarsela.
Poi farla raffreddare.
Montare la panna fresca (io ci aggiungo un pò di zucchero)
Quando la crema si è raffreddata la sbatto di nuovo un pò con le mie care fruste elettriche e poi la mescolo con una spatola aggiungendo la panna montata.
Riempio la frolla con la crema, ci metto sopra un sacco di frutti di bosco e zucchero a velo.
Una meraviglia.

Il delirio creato da mio figlio nel frattempo per fare 3 biscotti è peggio del mio. Questo mi rincuora, sono più grande faccio meno disastro. Però visto che sono la più grande spetta a me la pulizia. Ci provo a coinvolgerlo, perchè è giusto che impari anche a ripulire ma fa peggio. Quindi amen, lo educherò a ripulire domani. Adesso voglio solo che il caos sparisca.
Sono sfinita.
Entra in casa il marito, sgrana gli occhi di fronte a quella che per me era una cucina quasi a posto mentre per lui era appena passato un tornado e mi guarda: "ancora con 'ste crostate, ma ti sei proprio fissata."
Caro lui. Non ne avrà neanche una fetta. (ovviamente non è andata così, ci ha dato dentro a colazione).
Io che sono diventata più grande perchè gli aghi adesso mi fanno un baffo me la merito eccome.

Si cambia e per fortuna. Le paure cambiano. Si possono affrontare.
Trainspotting non lo guardo comunque. Potrebbero venire turbe mammesche e ora non è proprio il momento.
Si cambia e s'impara a cucinare. E per fortuna lo si fa perchè in fondo è divertente.




18 gennaio 2013

ceci n'est pas un post

Sono ancora nella fase lassme sté.
Sempre per continuare con la serie sui piemontesismi. Purtroppo io non ho più niente di piemontese, parlo con un accento veneto tremendo. E dico tremendo perchè diciamocelo non è mica fiorentino. E nemmeno veneziano. Perchè una cosa è il veneziano, una cosa il mestrino, il chioggiotto, il padovano il trevigiano, non ci credevo neanch'io ma è così.
Comunque sono nella fase lasciatemi stare da influenza.
L'ho detto che sono peggio di un uomo malato.
E stare chiusa in casa mi fa male.
Comunque ieri ero per lo zapping. Quello del nulla. Quello del pomeriggio e febbre. Quello che è molto peggio di quello della sera. Perchè la sera qualche volta si ha l'illusione di avere una scelta. Al pomeriggio no. La tv del nulla che ti prende quei pochi neuroni attivi senza chiederti impegno nè emozioni.
Si comincia con Clio e con la lista di trucchi da comprare, vuoi che un giorno non mi capiti l'occasione di un rossetto fucsia glitterato? La lista si allunga e resta lì (non ho tempo di andare a comprare trucchi nè budget soddisfacenti).
Allora si passa a Uomini e Donne perchè non vuoi fare un giro dai maghi del trash? Beh non è somministrabile neanche ai tempi della febbre. Non ha nessun senso. Ma proprio nessuno. Rimango a guardare un pò nella speranza di capire. Ma pare che una (ah tra l'altro non ci sono tronisti, sono tutti lì insieme, è la fase comunista della De Filippi?) che è stata tre giorni a casa di questo tipo, probabilmente a giocare a carte, non si fidi a uscire ufficialmente a cena con lui in un vero appuntamento finchè lui non andrà a casa di lei a conoscere la famiglia... Vi prego fermatelaaaaaaaaa!
Poi zap e c'è Cambio Vita con la Veruska Stefanenko che credo sia un programma per dimenticare i fidanzati. Lo deduco perchè la tipa doveva sotterrare in una tomba la bici dell'ex. Per liberarsi. A me è sembrata un'enorme cazzata. Anche con la febbre. Io almeno gli avrei sotterrato la moto.
E poi è arrivato lui: Il Wedding Planner. Tàtàtàtà. Vestito con abbinamenti che io, donna comune di poco gusto, non riesco a comprendere alle prese con l'organizzazione di un matrimonio intimo da 250 persone. La sposa voleva che sembrasse come una bolla, tutto fucsia e tutto rosa con un tocco d'oro. Se lo sposo era d'accordo non è stato pervenuto. Una finezza.
Questo l'ho visto fino alla fine. Era proprio il nulla che cercavo.
Avrei sperato anche in un Alessandro Borghese giusto per guardare qualcosa di bello ma non si è visto.
Poi era la volta dei grassoni e non ce l'ho fatta più.

17 gennaio 2013

Quando mi ammalo divento peggio di un uomo malato

39 di febbre e zero energie. Molto meno di zero. Non mi sono mai ammalata tanto in vita mia come da quando sono mamma. Tutte le influenze degli ultimi tre anni, tutti i virus intestinali e tutti i mal di gola li ho fatti. A volte addirittura solo io. E non ho ancora imparato a fare la malata. Ogni volta non riesco più a fare nulla. Per fortuna c'è Lui. Quello Grande. E quello Piccolo che capisce. Sono fortunata.

Ma anche un pò sfigata. Ieri, mentre la mia temperatura corporea toccava i 39.4 e non voglio neanche immaginare cosa sia avere la febbre a 39.5, la sottoscritta lamentosa avrebbe dovuto fare la visita pre IUI.
Abbiamo deciso di andare avanti. Una decisione così la devi riprendere ogni volta che si pone la questione. A priori lo sai, ma poi sei di fronte alla cosa. Diventa come materiale. Sei arrivato.
Non è tanto il fatto che si tratti di procreazione medica assistita, ma che si tratti di una più concreta possibilità di avere un altro bambino. Noi lo vogliamo un altro bambino, non è questo che è in discussione.
Noi possiamo permetterci un altro bambino? Questa è la questione. Non parlo dei costi che la PMA comporta, una fivet ora come ora sarebbe impensabile, ma possiamo permettercelo davvero? Sono tutte balle quelle che sostengono che un bambino si può tirare su con niente, te ne accorgi al primo acquisto di pannolini e diventa un crescendo fino all'asilo nido. Siamo fortunati perchè lavoriamo ma siamo sostenibili a malapena in tre. Siamo pieni di idee e progetti per migliorare, per cambiare, per liberarci un pò dall'ansia che i problemi economici o meglio la mancanza di possibilità portano con sè.
Sto benedetto futuro.
E qui arriva il secondo dilemma. Su quante cose ci possiamo concentrare? Qui ci si pone la bellissima e complicatissima domanda di Nina (la sua conchiglia) "Ma tu un figlio lo vuoi adesso?". Perchè tante sono le cose che ti frullano per la testa tra case e progetti lavorativi, che per noi tra l'altro potrebbero voler dire cambio di vita radicale. Che fai ti butti?!
Perchè da una parte c'è il tempo che passa e tu vivi con la sensazione di non andare da nessuna parte. E anche se stai ferma lui passa. Dall'altra parte c'è la cosa più importante e che è la prova vivente del tempo che passa: tuo figlio. Deve venire prima della ricerca di un secondo figlio. LUI C'E'. Perchè non puoi togliere a lui, perchè lui merita le tue energie e le tue fatiche ma soprattutto i tuoi sorrisi.

Io un figlio lo voglio adesso a patto di essere capace di mantenere il giusto equilibrio.
Perchè io sono fortunata e questa meraviglia che ho già tra le mani è il mio tutto. Lui e il suo coraggioso papà, che sa sempre stare con i piedi per terra e che mi fa ragionare. Io amo un uomo che mi fa pensare. Forse lo amo proprio per questo. Lo amo perchè alla fine, nonostante le discussioni e gli scontri è con me, perchè in fondo lo vogliamo entrambi, io d'istinto lui con la testa.

Se passa questa benedetta influenza facciamo la IUI a giorni. Altrimenti se ne parlerà il prossimo mese.
Ci siamo dati un limite. Se non funziona andremo avanti con tutti i nostri fantastici progetti. Se funziona avremo un fantastico progetto in più.
Questa cosa non mi toglierà niente. Potrebbe solo aggiungere.
Io ci credo sempre.

15 gennaio 2013

Perle di futura saggezza

Siamo in macchina direzione asilo. Anzi scuola materna, che se per caso si accorge che lo chiamo asilo si offende. Lui è gande. Stiamo facendo il gioco dei mestieri. 

Come si chiama quello che vende il pesce?
quando indovina tocca a lui.
Come si chiama quello che vende i semafoi?
venditore di semafori. (Ovviamente)

tocca a me:
Come si chiama quello che cura gli animali?
poi di nuovo a lui (le sa tutte il ragazzo)
Come si chiama quello che vende le ruspe?
Venditore di ruspe. (ci tengo a precisare che sono le otto e trenta del mattino, è il massimo dell'impegno che posso dare).

adesso tocca a me. E ti frego. Come si chiama quello che vende le case (agente immobiliare non la sa di sicuro).

Ma mamma, le case non si vendono. Le case sono di tutti. 

Giuro che se si candida lo voto.


11 gennaio 2013

A tùte le cose a-i-va so temp

Torino è una città bellissima. Nonostante i miei genitori abitino a soli 30 km di distanza questa città, molto urban, la conosco poco. Perlomeno non come vorrei.
Finchè vivevo con loro le occasioni di andarci erano frequenti, bastava un treno e mezz'ora di viaggio e arrivavi a Porta Nuova. E per una che viveva in periferia era il massimo: negozi a perdita d'occhio, di quelli belli, quelli delle catene che a 18 anni guardavo come se fossero il futuro e in effetti non mi sbagliavo, però non mi rendevo conto che in realtà avrebbero reso uguali tutti i posti del mondo. I locali, che sembravano così incredibilmente londinesi, anche se eri a Torino. I palazzi, magnifici e imponenti, i viali squadrati e i tram.
Da quando non vivo più a casa con i miei, sono passati 12 anni e Torino è un'altra, se vado a trovarli è raro che riesca a passare del tempo girovagando per la città della Mole. E' un peccato perchè di solito si ha solo il week end e tra parentame vario, di cui prima di trasferirmi a malapena sapevo l'esistenza ma, adesso che vivo via, va visto ogni volta che torno, il tempo per fare i turisti non c'è mai.
Uno dei miei propositi per il nuovo anno è invertire questa tendenza.
Quando andrò dai miei ci prenderemo sempre almeno un pomeriggio per scoprire Torino.
Una volta lo facevamo. Con pupo piccolo. Pomeriggi a Venaria Reale, Museo del Cinema, Piazza Vittorio e Quadrilatero. Poi abbiamo un perso l'abitudine.
Così appena tornati dalle Dolomiti ci siamo fiondati alla scoperta di una zona a me sconosciuta: Il Lingotto. Ci ero già stata, per la Fiera del Libro. Stop, solo quella volta tanti anni fa. Al mega centro commerciale non ci avevo mai messo piede. Mai lo rifarò per la cronaca. E mai lo avrei fatto se non era per vedere la mostra che c'è alla Pinatocoteca Agnelli. La mostra raccoglie alcune chicche ed era deserta (cosa necessaria per apprezzare una mostra) ma soprattutto è in un posto formidabile .








Il Lingotto è una rivisitazione post-fordista di questo spazio industriale incredibile, storico e nel suo essere bellissimo. Peccato ora sia pieno di negozi in franchising. Tutti sempre così tristemente uguali.
Un'architettura urbanissima e azzeccata, sul tetto la celebre pista di prove delle auto e la "bolla" che domina guardandosi il Monviso da privilegiata. Tutt'intorno una ormai già vecchia città olimpica. Molto molto urban.
Ma perchè non ci ero venuta prima?



#ilcielosutorino Vale ha proprio ragione!





Rimane il fatto che quando vedo "cose da grande città" mi viene una voglia innaturale di mansardine di 20mq, di vent'anni, di fidanzati possibilmente spesso diversi, di cene riscaldate davanti alla tv, di libertà nel decidere dove cosa e come. In poche parole di totale indipendenza. Da tutto e da tutti. Poter girare come mi pare, quanto mi pare, dove mi pare. Poter fare come mi pare, dove mi pare, per quanto mi pare. Prendere tutto e non dover dare nulla. Al massimo dell'egoismo possibile.
C'è una parte di me che rimpiange di non aver fatto tante cose, una parte di me che si arrabbia per avere dei rimpianti, una parte di me che per fortuna si rende conto che le mie rinunce sono state soprattutto delle scelte e che sono quella che sono anche grazie a loro.
Però a volte vorrei vivere in una grande città ed essere sola, leggera, con il pensiero più grande di cosa fare il sabato sera. Per il resto c'è tempo. Ecco, vorrei quella sensazione che si può avere solo a vent'anni e che già a ventidue comincia a scomparire, che ti permette di vivere alla giornata, tanto c'è tempo. C'è tempo per pensare al futuro e preoccuparsene, c'è tempo per innamorarsi davvero, c'è tempo per arrabbiarsi tanto di politica, c'è tempo per imparare un mestiere, c'è tempo per mettere i piedi per terra, c'è tempo per pensare alle cose serie e importanti.

A tùte le cose a-i-va so temp. Ogni cosa ha il suo tempo.
Me lo diceva sempre mia nonna.

8 gennaio 2013

vestito lungo plissettato

La mia miglior amica si sposa.
Sono davvero molto felice per lei, so che è quello che ha sempre voluto. Sarà un classico matrimonio. Cose da alieni per me. Si parla di letture, corsi prematrimoniali, bomboniere, pranzi infiniti e vestiti da principessa.
Comunque, non appena me lo ha detto, la raffica di pensieri nell'ordine è stata:

  1. che bello che bello che bello 
  2. dai che ci divertiamo come matte a provare abiti da sposa
  3. oddio devo comprarmi un vestito anch'io. Bene lo voglio lungo e magari plissettato. Perchè sarò incinta e con la pancia meglio morbido e che nasconda i tacchi che non ci saranno.

Perchè io sono così. Non ne parlo molto, ma il pensiero è costante. Sta con me. Mi accompagna sempre, con tutti gli altri, con il pensiero di cosa preparo per cena o di come risolvere quel casino al lavoro...
Perchè i pensieri non hanno una gerarchia, hanno una predominanza magari, ma non puoi deciderla tu. Non li puoi fermare. Non li puoi controllare. E io con questo pensiero ormai ci convivo.
Questo mese ci convivo come facevo tempo fa, con la speranza. Diciamo che ci credo di nuovo. Diciamo che per settembre, quando la mia amica si sposerà io sarò incinta. Voglio pensarla così. E quindi mi serve un bel vestito lungo perchè avrò le ballerine. Possibilmente morbido perchè tanto ingrasserò come la prima volta. Possibilmente plissettato (sempre che si dica così, fashioniste confermate please) perchè mi piace!

Questo era, per il dottore, l'ultimo mese dei tentavi naturali. Gli esami preliminari sono stati fatti, non siamo nessuno dei due dei campioni olimpici ma il traguardo lo abbiamo tagliato, possiamo farcela.
Non è impossibile. Un modo si trova.
La prova che è possibile già ce l'abbiamo. Cammina, parla, disegna, e ultimamente è ribelle a priori, per partito preso. Quindi il gran capoccia della clinica PMA ci ha dato i giorni giusti dicendosi molto fiducioso e dato che se ne sarebbe andato in vacanza pure lui ci ha detto tanti saluti ci si vede dopo l'epifania.
Noi i compiti a casa li abbiamo fatti.
Questi sono quei giorni poco prima dell'arrivo del ciclo dove fai attenzione a tutti i segnali e spesso te ne inventi, dove ci speri, ti fai i calcoli e semplicemente sogni. Provi a immaginare come sarebbe se davvero è successo. Se davvero fossi incinta ora.
Da mesi non vivevo più questa sensazione. Come rassegnata. Come sulla difensiva per non rimanerci poi ogni volta male. Questo mese no. Questo è l'ultimo in cui ci spero così, come dovrebbe essere. Naturalmente. Che poi se non sarà comincerò a sperarci scientificamente. E sarà la stessa cosa. Sempre speranza è. Sempre desiderio è.
Sempre meraviglia sarà il giorno che sarà.
Perchè quel giorno arriverà. Lo so. Lo sento.
E sarò bellissima con la mia pancia e il mio vestito plissettato. E il mio piccolo ometto sarà il fratellone ribelle più splendido che sia.

Dicono che sia il duemilacredici. Io ci sto.


6 gennaio 2013

là su i monti - parte brutta

Bisogna partire dal presupposto che, per quanto ci sia stata una parte bella, dopo questa vacanza avrei bisogno di prendermi una vacanza.

La mia idea di vacanza presuppone riposo. E riposo vuol dire sonno. Avrò dormito quattro ore per notte. Per carità è sicuramente colpa mia, non me l'ha mica detto il dottore di fare tardi, ma guarda caso mentre mi divertivo con gli amici non sentivo la stanchezza ma all'alba quando il Piccolo Lui piombava nel nostro letto fresco e riposato mi svegliavo stanca. Ho quindi bevuto un sacco di caffè. Non mi fa bene, soprattutto all'umore, non ero interpellabile almeno fino a mezzogiorno.
E qui la compagnia che tanto mi piace l'avrei volentieri mandata a quel paese per una semplice ora di solitudine e silenzio.
Qui mi ricordo perchè le vacanze con gli amici non devono superare mai la settimana.

A questo va aggiunto il mio giovanotto che di solito ci mette almeno tre giorni ad ambientarsi in un posto nuovo e calcolando che siamo stati in montagna per un totale di cinque giorni tirando le somme possiamo dire di averne avuti due buoni.
Era tutto uno chifo. E quetto non mi piace. E non vojo. Sei brutta e cattiva. Cattivissima. No, no e no. Quetto è mio. No, adesso ce l'ho io. Pianti e tragedie per tutto. E pernacchie. Ultimamente vanno per la maggiore.
Lo porti sul bob ed è una frigna. lo trascini dentro il bob così non frigna per camminare e si lamenta lo stesso. Lo porti in alto in alto e la neve è fredda. C'è il sole e non va bene. Ma ovviamente non vanno bene neanche gli occhiali.
Veramente insopportabile. Da non vedere l'ora che andasse a letto. Lui lì non ci voleva stare.
Passati i tre giorni canonici non voleva più venire via.

Poi c'era l'altro bambino. Di un anno e mezzo. In città vanno d'amore e d'accordo. Chiusi nella stessa casa sperduta tra i monti erano delle belve. Una lotta continua, e dato che il mio è grande il doppio passava facilmente dalla parte del torto.
Questo micro nanetto è abbastanza insopportabile di suo, lo so che non si dovrebbe dire ma è davvero così, e sua madre non è proprio la tranquillità e la positività fatta donna (quindi da qui sorge il dubbio esistenziale di sempre: il bambino è difficile perchè la madre è un casino o la madre è un casino perchè il bambino è difficile?).

Lei, io non la capisco molto. Le voglio bene ma non capisco. Non lascia che nessuno l'aiuti. Però non le va bene niente. Vai a farti un pomeriggio di spa e dopo mezz'ora ti guarda e ti dice: "forse dovremmo tornare dai bambini"... ma come tornare dai bambini?????? Passi la giornata a dire a tuo figlio, sì proprio a un nano di un anno e mezzo, che non ce la fai più, ce non lo sopporti più e appena hai due minuti per te vuoi tornare da lui? Col cavolo. Adesso stai qui almeno due ore.
A volte bisogna imporsi.
Io da madre degenere che sono sarei rimasta anche di più senza nessun senso di colpa.
Perchè i nostri figli stanno bene anche senza di noi.
Soprattutto se noi siamo stressatissime. Almeno così la vedo io.

Altre cose negative? La totale assenza di connessione. Eravamo in una specie di buco nero, una valle isolata dove nulla di tecnologico funzionava. Riuscivo a usare instagram solo da 2.500mt di altezza.  Ho realizzato di esserne un pochino dipendente, e non ne sono molto contenta.
Detto questo non intendo interrompere la mia dipendenza.

Ma la cosa più difficile è stata la mattina del primo gennaio. Troppo vino la sera prima. Troppi bambini urlanti e festanti (perchè i tre giorni erano passati) e troppa gente in generale. Era da tempi memorabili che a Capodanno non festeggiavamo nel vero senso della parola (quando parlo di festeggiamenti degni di questo nome mi riferisco a una una valle deserta e una cena improvvisata. Rispetto agli ultimi capodanni vi assicuro che per noi erano festeggiamenti in grande stile. Ovviamente sono stata in calzettoni tutta la sera).
La mattina dopo è stata durissima, credevo davvero che non ce l'avrei fatta ad arrivare a pranzo.
E invece eccomi qui.
Non ho più vent'anni. E' ufficiale.
Ma abbiamo già detto che l'anno prossimo replichiamo.
Barcolliamo ma non molliamo.

Ai buoni propositi per l'anno nuovo non ho ancora pensato.

Però siamo tornati a casa nostra. E questa è una cosa bella.
Domani torno al lavoro. Meno bello di sicuro.



là su i monti - parte bella

Sono viva.
Non sono esplosa per il troppo cibo e sono sopravvissuta a dieci giorni di vacanza da vagabondi prima di qua e poi di là. Sono sopravvissuta senza connessione e alle pochissime ore di sonno.
Sono viva. E come inizio direi che può andare.
Non ho avuto un secondo di solitudine, vacanze all'insegna della compagnia, una figata ma anche no, dipendeva dall'ora del giorno.
Sempre con qualcuno intorno. All'insegna di cose belle e brutte.
E io parto sempre con la parte bella. Chissà che mi dimentichi la brutta e non ne scriva neanche.

Ce ne siamo andati con una macchina strapiena, direzione Dolomiti, con altri amici, di cui una coppia con pargolo, solo che più piccolo e solitamente più rompiballe del nostro, ma non ne parlerò qui, questa è la parte bella.
Il posto era semplicemente bellissimo. La maestosità delle montagne è potente e mi sa proprio che sto invecchiando perchè comincio ad amare sempre più tutto ciò che è spopolato e un pò selvaggio, una natura per niente sottomessa, anzi dominatrice.
I panorami che si vedono dopo aver preso l'uovovia (il nuovo grande passatempo del nano) sono mozzafiato. Non sono nemmeno capace di descriverli come si deve. Per fortuna faccio foto.











E poi scendere giù in paese il pomeriggio tardi, quando la valle è già immersa nel buio e si vedono solo le casette illuminate ma il cielo è ancora di un azzurro ghiaccio e sentirsi dentro un presepe...

Abbiamo preso una casa tutti insieme e, come ai vecchi tempi, quando eravamo tutti sprovvisti di nani, con qualche annetto in meno e il fisico per reggere litrate di buon vino, ce la siamo spassata facendo le ore piccole. Eravamo un bel gruppetto, sette, ormai quasi veri adulti, diventati grandi per forza che provano a dimenticarsene. Abbiamo riso e discusso di politica, sparato per lo più cavolate, giocato a risiko, ma anche a yahtzze, abbiamo bevuto dell'ottimo Pinot Nero e mangiato canederli come se fossero gli ultimi rimasti sulla terra.







La compagnia. Quella che mi piace da morire. Quella che sa di Comune. Quella che ti rilassa perchè stare tutti lì, sotto lo stesso tetto, è più divertente che alla fine della cena tutti a casa propria. Io mi sento molto ragazza, come quando vivi ancora con i tuoi e te ne vai in vacanza con gli amici.
La mattina però con la sveglia alle sette del mio adoratissimo Piccolo Lui non mi sentivo più tanto giovane. Ma questa è un'altra storia.



L'elenco di cose belle di questa vacanza include ancora tanto per fortuna.

Il wellness tu e l'amica senza uomini e figli. Addormentarsi entrambe in sauna e svegliarsi con la sensazione di essersi sciolte al punto di non esserci più.



Le patatine fritte in baita, doverose.

Il capodanno senza petardi. Noi non ne avevamo, non vuoi mica mica svegliare i bambini?! Intorno a noi doveva essere pieno di nani dormienti o più probabilmente eravamo in una valle deserta perchè non si è sentito nulla, tanto da guardarci a mezzanotte e chiederci: ma siamo proprio sicuri?! Forse eravamo gli unici anche se altre finestre avevano la luce accesa. Anche se la mattina alle otto c'era il vecchietto di turno che spalava la neve.
Nonostante ci avessero raggiunto altre dieci persone e il volume non potesse essere tenuto molto sotto controllo i nani non hanno dato segni di vita. Altra bella cosa.
Comunque neanche un botto. Giusto le magnum per il brindisi. Meglio così. Io li odio.

Le scivolate sulla neve ma ancora meglio le rotolate. Uno stordimento pazzesco. Una figata, da fare anche senza figli. Ovviamente se lo fai con un nano eviti che ti guardino come una pazza. Ma i vantaggi dello stare sulla neve e dell'essere freddolosi è che tanto sei talmente vestita che sfido chiunque a riconoscerti. Io ero veramente in incognito. Uno stile che sarebbe stato meglio non immortalare. Di sicuro non avrei proprio cuccato nessuno. E poi una fatica a tornare su... ancoa scivoliamo ancoa, l'ultimo mamma dai!!



Le guancette rosse di mio figlio. Fantastiche. Rosse rosse rosse.

Le lenzuola della casa dove stavamo. Stesso odore e stessa fantasia di quelle della mia nonna, quelle che vinceva ai tornei di briscola alla bocciofila. Quelle che non si sa perchè nessuno voleva mai e me le ritrovavo sempre io.

La stufa a pellet.



La litigata con il Grande Lui per il risiko. Sì, è stata una delle cose belle. Perchè ho realizzato che è un pò che non litighiamo seriamente. E dato il periodo che stavamo passando mi sembra un gran passo avanti. Siamo più coalizzati, meno arrabbiati. Se poi si litiga per una cavolata allora va tutto bene. Soprattutto perchè le cavolate si dimenticano in fretta.

Adesso siamo ospiti dei nonni piemontesi. E ho un'oretta per farmi i fattacci miei. Sono quasi commossa.
In realtà sono tutti addormentati.
Sono rimasta sveglia solo io.
La Befana della situazione.