27 agosto 2013

Se volete sapere ciò che qualcuno teme di perdere, guardate cosa fotografa. - parte 2

(parte 1 qui)

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C'è la strada che da Zagabria porta al parco naturale di Plitvice.
Una strada che porta ancora i segni di una guerra che era arrivata fino lì, non troppo tempo fa. Ma ormai dimenticata. Perchè ne sono susseguite tante dopo, altrove. Per non parlare della Siria oggi.
E di cosa potrebbe essere domani.
Mi fa sempre un certo effetto pensare alla guerra.
Del resto è la mia più grande paura. Non potrei mai farcela.
Mai potrei rinunciare alla tranquillità con cui cammino per strada. Con cui lascio mio figlio correre in bicicletta. Con cui guardo il cielo e mi riempio di pensieri che nulla a che fare hanno con la morte.
Qualche curva e siamo arrivati. Riappropriandoci della spensieratezza di chi non sa cosa sia la guerra.
I laghi di Plitvice, la gardaland della natura.
Uno spettacolo.
E infatti c'era il mondo più noi.
Il nano ha camminato a lungo. Per poi realizzare che ad un certo punto che basta.
Lui aveva le gambe spezzate.






 


E c'è stata quella notte in campeggio dove ha fatto un freddo pazzesco. E ho creduto davvero che potesse mettersi a nevicare. Ci saranno stati 15 gradi. Ma per me erano meno di cinque, giuro.
Ma del resto le frasi più ricorrenti di questa vacanza di famiglia sono state:
la sottoscritta: io avrei freddo
Lui (quello grande): io avrei fame
Lui (quello piccolo): e io no.
(oppure sempre per il nano-repertorio andavano alla grande anche: ma che dici? oppure no, non penso propio).
Un simpaticone. E non è che puoi lasciarlo lì. Ti tocca portartelo dietro e sopportarlo.

I primi due giorni al mare poi pensavo davvero di fuggire. Da sola.
Perchè siamo arrivati nel paradiso. Non c'era quasi nessuno ed era la settimana di ferragosto. Per essere precisi il 15 agosto eravamo solo noi tre in una splendida pozza d'acqua tra gli scogli.
La tenda era piazzata di fronte al mare, con tramonto incluso.
Il campeggio era il più bello che avessi mai visto, e ne ho visti. C'erano addirittura i bagni per i nani. Docce piccole, lavandini piccoli ecc....
Eppure per i primi giorni il ragazzo sembrava un quindicenne in vacanza con i genitori. Era tutto uno schifo, tutto una noia, tutto brutto.
Insomma, non è sempre oro tutto quello che luccica.

Ci è voluto un pochino, ma si è ripreso. E' tornato ad essere un bambino che si entusiasma a fare i tuffi, che cerca conchiglie e abbraccia la sua mamma.
E noi prima di questo abbiamo passato il tempo a chiederci dove stavamo sbagliando. Tipico.
Realizzando che siamo sempre lì per lui. Viviamo per lui. E se da una parte è assolutamente normale ed inevitabile, dall'altra a volte prendi atto che è troppo.
Non so dove sia la giusta via di mezzo, dove sia il confine sano per far sì che il figlio si senta importante ma che allo stesso tempo i genitori non si trasformino in suoi schiavi. Perchè sono sempre lì a cercare di farlo felice. Sempre lì a inventare giochi o storielle per intrattenerlo.
Forse più per la mia serenità che per quello che so essere la felicità. Perchè so che non si può essere sempre e solo follemente felici.
Perchè la noia ci sta. Così come l'umore nero.
Eppure io mi dispiaccio nel vedere mio figlio che si annoia. Soprattutto se lo porto su un'isola in mezzo al mare. Perchè le vacanze ormai sono da anni pensate in funzione di lui. O meglio nella giusta conciliazione tra noi e lui, concedendoci magari qualche visita più da grandi.
Ma comunque non siamo mica andati in Cambogia zaino in spalla come vorrei fare da tempo.
Un pò di gratitudine e soddisfazione si potrebbe anche pretendere o no?!
Oppure lo si può lasciare stare.
Ci sono se vuoi e se vuoi annoiarti annoiati.
Non posso fartene una colpa ma soprattutto non posso farmene una colpa.
Ognuno è fatto a modo suo. Figli compresi.
Per cui mi sono messa a leggere più del solito. E ho divorato libri. Isolandomi in mondi lontani e diversi.

Poi un pò tutti ci siamo ripresi da questo circolo vizioso di è lui che è nervoso e quindi noi siamo nervosi o viceversa (che poi è un pò come è nato prima l'uovo o la gallina?) ed è cominciato il divertimento.
E Cres è un'isola splendida. Ancora tanto selvaggia, fatta di stradine in mezzo a muretti a secco (che voglio dire, sono ovunque non gli passava più a questi isolani) e macchia mediterranea allo stato puro. E poi ci sono soprattutto Lubenice e Beli. Due chicche. Due piccolissimi borghi fatti di case di pietra dove l'atmosfera è diversa. Completamente. Dove si respira un non so ché di strano. Poetico da una parte e melanconico dall'altra. Un'altra dimensione.
E poi c'è stata quella pizza al tramonto. E l'insetto stecco, che esiste davvero. E i mille e più sassi lanciati in mare. Mamma guarda questo, hai visto che splash?! 
Il mare non serve nemmeno dirlo era trasparente.






















Siamo tornati felici, nonostante l'inizio in salita.
E oggi sono ancora più felice.
Stay tuned, life is beautiful.




26 agosto 2013

Se volete sapere ciò che qualcuno teme di perdere, guardate cosa fotografa. - parte 1


Viaggiare fa sempre bene.
Allo sguardo, al cuore, all'anima, ai pensieri, si sa.
Quest'anno è stato breve e intenso. Abbiamo fatto un mini viaggetto in Croazia, passando per Zagabria, i laghi di Plitvice e l'isola di Cres.
Poco più di dieci giorni, dove i sentimenti sono stati molteplici.
Gli occhi si sono riempiti di tramonti e infiniti, di colori e di vento.

Zagabria è uno di quei posti che non sapevo come immaginarmi. Nè cosa aspettarmi.
Succede quando sai poco, hai letto poco o sentito poco di un determinato luogo.
Ne sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Grande, verde, animata e organizzata.
Un pò Vienna, un pò est europa socialista, un pò all'avanguardia e un pò vecchia.
Un bambino che non ne voleva sapere di camminare e i musi lunghi che le sgridate comportano.
E io che lascerei correre. E lui che vuole educare sempre a tutti i costi.

Ma Zagabria è stata anche e soprattutto cielo azzurro, cielo blu, cielo nuvoloso e pioggia a dirotto.
E' anche mercati come piacciono a me, confusi, disordinati, caotici e colorati.
E' tante librerie e tantissimi caffè, tutti rigorosamente all'aperto.









E' anche arte contemporanea, un museo di quelli per cui ti chiedi ma perchè? oppure questo avrei potuto farlo anch'io eppure saranno gli spazi grandi o il fatto che tutto può essere che rimango quasi sempre a bocca aperta. E in questo caso è stato così.





Poi c'è l'orto botanico, tu entri e ti avvicini al guardiano chiedendo quant'è? e lui ti guarda e dice semplicemente: niente signora, è un parco, aria aperta, è gratis. E così ti perdi tra orchidee e tartarughe gratuitamente.





E infine ci sono stati i cesti di pop corn e le pitture per strada. E mentre lui dipingeva io sono stata a lungo trattenuta dal vecchio pittore, colui che offriva i suoi colori ai più piccoli, che mi raccontato grandi cose in croato. E nonostante io abbia cercato in tante altre lingue di spiegargli che mi spiace ma proprio il croato non lo capisco mi sono poi arresa e ho semplicemente ascoltato. Senza capire nulla. 




to be continued....