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18 ottobre 2012

Ci sono tre cose che una donna è capace di fare con niente: un cappello [ndr ?], un'insalata e una scenata. (Mark Twain)

Genitori Crescono questo mese propone un tema molto interessante e ho letto post davvero istruttivi:
Educare a mangiare.

Da dove partire?!

Io vengo da una famiglia dove cucinare non è mai stata una priorità. Intendiamoci, non è che si patisse la fame ma siamo sempre stati grandi seguaci dei 4 salti in padella. Prima di questa invenzione, per mia madre risolutiva, esisteva solo la pasta rigorosamente condita con sughi pronti, mai troppo elaborati, versati direttamente nel piatto seguiti dalla scatola dei formaggi (questi buonissimi ma il termine scatola dovrebbe far riflettere). Il sabato era la volta del pollo arrosto direttamente dal mercato e infatti era il nostro giorno di festa. La cultura della buona cucina tipicamente del Bel Paese era sconosciuta anche ai miei nonni. Potete capire perchè fin da piccola adoravo andare a cena fuori, quando finalmente le mie papille gustative trovavano giustizia.
Nonostante ciò sedersi a tavola era una cosa importante. Si stava insieme, si parlava e si litigava tanto. Non importava a che ora si cenava, ma che ci fossimo tutti. Questa è una della cose che ho rivalutato molto, a 15 anni invece era una bella rottura. Avrei di gran lunga preferito ingurgitare la sbobba davanti alla tv. Ma si sa, agli adolescenti non va mai bene niente!
L'anno in cui ho vissuto in America ero ospite di una famiglia indiana ed è stata un'esplosione di sapori, profumi odori, colori e piccantezze mai provate prima! Però non si mangiava mai insieme. Avevi fame? Aprivi il frigo, ti servivi, o facevi una telefonata (sì perchè lì consegnano veramente di tutto a domicilio) e a qualunque ora del giorno o della notte mangiavi spaparanzato davanti alla tivì. Magari in compagnia ma in silenzio perchè lobotomizzati. Una figata all'inizio, una tristezza dopo una settimana.
Poi è arrivata l'Università. La mia vera laurea l'ho presa in preparazione di pasta all'olio e toast. Ero la regina del toast. Vegetariano perchè nel frattempo avevo anche deciso di non mangiare resti animali.

Poi è arrivato Lui. Il grande Lui. L'uomo che cucina. L'uomo a cui piace cucinare. E gli riesce bene.
Lui arriva da una di quelle famiglie dove si passa il tempo cucinando. Dove per un normalissimo pranzo si rischia di mangiare gnocchi fatti in casa, faraona al forno, contorni vari e torta di mele. Dove puoi decidere cosa cucinare perchè hai un'orto e un frutteto immenso, vai, passeggi tra melanzane e zucche e ti fai venire appetito. L'amore tra noi è stato sempre molto saporito. Prima nella mia minuscola mansardina romana dove Lui veniva a trovarmi nei week end e dove per i giorni della settimana in cui non c'era tutto sapeva di Lui e dei suoi manicaretti.
Poi sono tornata a vivere in quella che è la mia città, la nostra, e qui tutte le cene erano a due (o più) preparate insieme o meglio preparate chicchierando in cucina, io seduta sul bancone (più ino che one) e Lui ai fornelli, a bere vino e sbaciucchiarci. E litigare, ovvio.
Poi è arrivato il Piccolo Lui e tutto è cambiato (ma dai?!).
La casa è diventata più grande, la cucina è rimasta piccola ma strabordante di foto e disegni, spezie e barattoli, dove si può sperimentare tutto, dalla pittura ai travasi, dalle crostate con la pasta di mandorle ai plum cake super naturali (senza uova nè burro ma giuro buoni!). Il Piccolo Lui è sempre stato a tavola con noi: prima sdraietta, poi seggiolone e ora sedia. Da quando mangia di tutto sono cambiati gli orari (voci sconvolte di amiche che ti chiamano alle 19.45 "ma hai già cenato?!"), la verdura è sempre presente e c'è molta meno piccantezza nei piatti.




Arrivo al dunque: mangiare è uno strumento per permetterci di stare insieme.
Mangiare soli fa più male del McDonalds.
Seduti, fermi e parlare, raccontarsi, ridere, litigare.
E' un tempo che ci vuole e che fa bene.
Faccio attenzione a quello che compro, amo il mercato e odio il supermercato, ogni tanto facciamo i biscotti insieme così ci impastricciamo di farina e mangiamo qualcosa con un olio non vegetale (mi sono fatta una cultura!), cerco di far trovare cose diverse. Sì perchè ho imparato a cucinare anch'io. Produco cose mangiabili, una rivoluzione se paragonate alla pasta in bianco, ma ho scoperto che mi diverto.

segnaposto homemade abbastanza commestibili per il compleanno del Piccolo Lui.
Il festeggiato ha voluto un autoritratto al posto del nome.


Non so bene come si educa a magiare.
Credo che mangiando si possa educare. Perchè ci si prende del tempo per farlo.
Sì alle cose buone e colorate, sì alla diversità, sì al nuovo ma anche a quello che piace tanto, sì allo stare insieme.
Perchè vale per il cibo, vale per i rapporti umani, vale per la vita.

Questo post partecipa al blogstorming 

29 luglio 2012

domenica

Un week end tranquillo, senza niente da fare, e anche un pochino di noia... Olimpiadi anche no... oggi in programma c'era: tiro al bersaglio (ma siamo sicuri che sia uno sport?) rafting (in piscina) e scopro che anche il bridge è sport olimpico... ahpperò! Per fortuna ci sono i libri e i pisolini (chi se li ricordava????!!!!!!!). 
Mi sono data anche alla cucina con un fantastico cheesecake triplo cioccolato. Mi dico fantastico da sola anche se io non mangio cioccolato. Non mi piace è più forte di me, mi fa una voglia pazzesca ma proprio no. Non riesco neanche a bere un cappuccino se ci metti il cacao. Si lo so è una cosa assolutamente anormale ma le mie papille gustative non ne vogliono proprio sapere. Comunque, il chesesecake era per il Grande Lui, che a differenza di me è ghiotto ghiotto di cocciolato (si è così che l'altro divoratore della famiglia lo chiama), perchè dopo una giornata dal dentista poteva ingurgitare solo cose morbide e fresche. Fatto con tanto amore e soprattutto 3 ore del mio tempo (di cui due e mezzo passate a riordinare e pulire perchè quando mi metto ai fornelli è come se passasse una burrasca, come se tutta la cucina avesse cucinato con me).  Risultato: gli porgi la fetta, e lo guardi mangiarla. Ti dici "adesso ti dirà qualcosa, adesso dirà che è la cosa più buona che abbia mai mangiato". E invece non dice niente. Allora non resisti e chiedi: "allora ti piace?" risposta: "si dai". Ok, la prossima volta ti prendo un gelato.

Il pagliaccetto è ancora al mare per una settimana e questo week end a causa di impegni lavorativi miei e operazione ai denti del Grande Lui non abbiamo potuto raggiungerlo. Questo periodo da genitori non genitori è stato sicuramente meno intenso di come me lo sarei aspettato... del resto ti dici "cavolo, senza figlio due settimane mi do alla pazza gioia..." eh no. Per carità le cene con gli amici e le uscite un pochino alcoliche non sono mancate ma ti immaginavi a fare le ore piccole tutte le sere, magari a ballare o al ristorante in tranquillità e invece scopri che in fondo in fondo non è che te ne freghi poi così tanto... 

I problemi di tutti i giorni rimangono, anzi, proprio perchè il Piccolo Lui non c'è hai più tempo per pensarci e allora ti manca da morire. Ti manca il suo saper mettere allegria sempre, il suo non darti il tempo di cazzeggiare che tanto poi ti annoi, il suo mammaaaaaaaaaaaaaaaaa!!
Poi quando lo chiami la sera per augurargli la buonanotte, sempre se sei fortunata e becchi un momento in cui ha voglia, o dovrei dire tempo, per parlarti tra una macchinina, un amichetto o una delle storie della nonna ti regala una delle sue fantastiche e uniche meraviglie:
Io: "[...] ti voglio bene amore mio..."
Piccolo Lui: "anche a te".